Discorrendo di quella che ritenevo essere l'impotenza di Dio di fronte al male ed ai fatti terrificanti della vita, una mia amica, una sera, se ne uscì con "da Dio non viene il male, ma Dio può trarre il bene dal male". Lo trovai molto sensato. Dio può certamente intervenire, negli avvenimenti, in qualche modo, ma per me è sempre stata una cosa complicata da capire, e ancora più complicato capirne l'effettiva portata, i risvolti, e tutto quello che ne consegue e che va al di là di quanto i miei sensi possano recepire, con tutta la più buona volontà. Quello di cui invece sono certo è che Dio interviene nelle persone, perchè l'ho visto, come vedo sorgere il sole ad est. Non dico di aver visto le persone decidere solamente di cambiare in direzione del bene, o decidere di far proprio un codice, un comportamento da loro ritenuto 'buono', ma ho visto le persone cambiare nella loro sostanza, se così si può dire. E non sono proprio le persone, con il loro contributo, con le loro scelte, azioni, a modificare i fatti e la (nostra e altrui) storia? E' altrettanto vero che al di sopra di tutto questo sussista la libertà di rifiutare questa opportunità. Ciò vuol dire che da sempre, e per sempre, bene e male si troveranno fianco a fianco, sfumature intermedie comprese, per cui chi sceglie il bene (amore) si scopre a fare il male e chi fa il male, può scoprire le meraviglie del bene: se la nostra essenza non manifestasse una così palese fragilità, quale necessità avremmo avuto di essere salvati? La consapevolezza di potersi trovare per un nonnulla, in questo faccia a faccia, da una parte o dall'altra della barricata è un potente freno nell'azzardare a valutare ciò a cui si assiste quotidianamente con gli occhi di un giudice. Come cambiare, allora? Come dare a Dio il modo di intervenire? Nella maniera più equa che si possa immaginare, altrettanto valido per il misero, il pezzente, quanto per il capo di stato o la stella del Rock and Roll: la preghiera.
"A noi sono necessarie le parole per richiamarci alla mente e considerare quello che chiediamo, ma non crediamo di dovere informare con esse il Signore, o piegarlo ai nostri voleri. Quando diciamo: «Liberaci dal male», ricordiamo a noi stessi che non siamo ancora in possesso di quel bene nel quale non soffriremo più alcun male. Questa domanda [...] ha un significato larghissimo. Perciò, in qualunque tribolazione si trovi il cristiano, con essa esprima i suoi gemiti, con essa accompagni le sue lacrime, da essa inizi la sua preghiera, in essa la prolunghi e con essa la termini." (da 'Lettera a Proba' - S. Agostino)
[intervento personale già pubblicato sul blog di Paolo Vites 'The Red River Shore']
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