Dai tetti in giù - Franz Coriasco (recensione)

Oltre a scrivere questo libro, Franz Coriasco è stato autore e critico radiotelevisivo, musicale e teatrale; come autore e coordinatore artistico ha lavorato per la RAI, e in ambito radiofonico come consulente artistico; è, infine, un musicista. Ai fini di questa recensione, per quanto riguarda l’ambito esclusivamente privato, vanno invece evidenziate due sole cose: è agnostico – vale a dire che si astiene dal prendere una posizione in merito al divino (uno ‘stand-by’ spirituale, di cui non pare particolarmente entusiasta) - ed ha per caso conosciuto una ragazza di nome Chiara Badano. La vita di Franz Coriasco ha incrociato quella della molto più giovane Chiara per il solo motivo di essere, quest’ultima, l’amica del cuore della sorella Chicca. Chiara (affettuosamente chiamata ‘Chiaretta’) è di Sassello, piccolo paese di montagna in provincia di Savona; l’amicizia tra le due ragazze è solida, vecchio stampo, fatta di promesse, confidenze e sguardi d’intesa. E’ una ragazza normale, anzi normalissima, carina senza essere appariscente, le piacciono Springsteen e gli U2, e negozia con il padre - come le sue coetanee - sull’ora di rientro serale. E’ figlia unica, ed è arrivata, inaspettata ma quanto mai sperata, dopo più di dieci anni; chiunque, con queste premesse, avrebbe scommesso su un carattere capriccioso per la piccola Chiara, e avrebbe perso. A dirla tutta, infatti, Chiara è normale solo in apparenza, vale a dire per chiunque non la frequenti più di tanto. Chi ha invece modo di conoscerla, nota in lei un’inconsueta maturità e una pronunciata attenzione immancabilmente rivolta verso il cosiddetto ‘prossimo’, in un senso molto concreto. In poche parole, con la sua sola presenza fa stare meglio gli altri. Sempre. Gli ‘altri’ sono chiunque le capiti a tiro, senza alcuna selezione o preferenza di sorta. Forse qualche preferenza, in effetti, c’è: il compagno di scuola poco espansivo, il barbone, la (propria) nonna invalida, la gente normalmente considerata ‘strana’ - come quella che si spera non ti noti quando le passi accanto, ecc... Gli ‘ultimi’, si direbbe in certi ambienti. A otto anni la piccola Chiara Badano scrive: “So che il tempo è un dono di Dio, so che ogni ora del giorno è una monetina da spendere con giudizio e con bontà”. Non desta affatto sorpresa, date le premesse, la sua adesione ad un movimento giovanile di ispirazione cattolica, alla prima occasione che le viene offerta.
Ho usato il tempo al presente per descriverla, ma la storia di Chiara, la sua storia tangibile, appartiene al passato, e si è conclusa il 7 ottobre 1990. Tragicamente, verrebbe da dire. Chiara (soprannominata ‘Luce’, poco prima della sua scomparsa) aveva sentito due anni prima, durante una partita di tennis, un fortissimo dolore alla spalla. La diagnosi era ‘osteosarcoma’, vale a dire una forma particolarmente dolorosa di tumore, ed è morta dopo un lungo calvario, pochi giorni prima di compiere i diciannove anni, dopo aver rifiutato qualsiasi somministrazione antidolorifica di amfetamina. Per mantenere la lucidità, disse. Cosa mai non si voleva perdere, Chiara? Che esperienza stava mai vivendo da non volerne trascurare un solo secondo? Cosa mai poteva tenere abbracciata una ragazza di sedici anni - nel pieno della vita e certamente neanche lontanamente avvezza a traumi di questa portata - ad un simile verdetto?
Ma le particolarità di tutta la vicenda non finiscono qui. Chiara non ha solamente sopportato la sua malattia, pur con dignità, ma è stata capace di andare oltre. Molto oltre. Ha infatti trovato qualcosa che le ha permesso di restare invalida, ferma nel suo letto, mantenendo nel contempo una serenità impensabile, quotidianamente testimoniata da un sorriso e da una luce nello sguardo, tali da lasciare un segno indelebile in chiunque abbia avuto la grazia di poterli osservare; tratti che non rivelavano un’enorme forza di volontà od una lucida consapevolezza scaturita da supreme decisioni, bensì un vivida intensità interiore, tale da trasformarla agli occhi (al cuore) di molti in un irresistibile richiamo. Fu ben presto evidente, infatti, che chiunque capitava a farle visita - consapevole, in fondo, di non aver molto da offrirle - se ne sarebbe uscito da lì, dalla stanzetta di Chiara Luce Badano, rincuorato come mai. Chiara aveva, evidentemente, ancora molto da dare. Forse, qualcuno dei suoi numerosi visitatori avrà potuto pensare, per un attimo, di essere a tu per tu con una squilibrata, e che fosse oltretutto un problema genetico dato che i genitori sembravano – anche in quei giorni – sulla medesima lunghezza d’onda. Per certi aspetti, folle lo era, almeno secondo la forma mentis dominante (oggi come allora), secondo la quale solo un folle può decidere di puntare la propria vita, fino all’ultimo istante, sul bene, a qualsiasi costo: lei lo ha fatto, e ha vinto. Sì, sembrerà strano, ma è così: Chiara ha vinto. Non è stata però una di quelle vittorie che premiano solo il campione, bensì una di quelle vittorie che sembrano una supernova: meravigliose esplosioni di scintille nel cielo. Nessun epilogo questa volta, bensì il principio di qualcosa di sorprendente: l’ultimo, grande, dono di Chiara.
Non l’ho conosciuta, e ciò che ho spesso provato nel leggere la sua storia è stato un sentimento non propriamente cattolico, ma molto vicino a quella che chiamiamo invidia; scorrendo la narrazione della sua vita, e rivedendo in parallelo la mia, ho avuto infatti la sensazione di aver vissuto un misero ‘tutt'altro’. L’ineluttabilità della morte fa spesso emergere, o dà forma, ai cosiddetti rimpianti. Non l’ho mai conosciuta, ma è come se avessi perso una persona cara, vicina; è un dolore anche il solo sapere che quel viso - illuminato da quello sguardo, immagine di un amore sconfinato e senza paragoni -  non potrà più specchiarsi negli occhi degli altri, ricolmando di quiete il loro cuore.
E' difficile non farsi prendere la mano quando si pensa a Chiara, ed infatti non ho trattato molto né della stesura del libro, né del suo autore. Franz Coriasco, persona disponibilissima, non se la prenderà certamente per il taglio particolare della recensione; ha fatto comunque un ottimo lavoro, scrive molto bene, è scorrevole, (auto)ironico, ma soprattutto sincero. Il libro ha destato molto interesse ed è in ristampa. Il suo punto di vista, quello di un osservatore ‘ai margini’ lo favorisce, ai fini della lettura, nella descrizione degli avvenimenti. Sembrano più i quesiti che si pone rispetto alle risposte che probabilmente ci si aspetterebbe da chi ha visto passare una cometa sotto il balcone di casa. Ma questo non è uno spettacolo: niente fenomeni e cose eclatanti, ma un unico continuo immenso gesto d’amore, concretizzatosi nella generosità della vita di una ragazza con poco meno di diciannove anni. Nella sua vita Chiara non ha manifestato fenomeni sensazionali, dicevo, e non ha avuto carismi eclatanti, eppure, Chiara, spoglia di queste cose, non è stata meno speciale di chi l’ha preceduta, perché è stata ‘luce’ per chiunque l’abbia conosciuta e perché non ha gettato al vento nulla di ciò che Dio le aveva donato; chi è capace di avvicinare, anche solo un po’, a Dio è veramente speciale e lei lo ha fatto - e continua a farlo - nel suo modo, semplice e puro: con le sue scelte, l’esempio della sua vita e con il suo radioso sorriso. E’ proprio speciale chi è capace di rendere desiderabile il divino, ed è anche capace, con il suo solo ‘essere’, di richiamare, avvicinare e consolare. E’ speciale, infine, chi percorre una via che si manifesta agli altri come dono tra i più cari e preziosi perché capace di rendere meno terrificanti le più grandi delle paure.
Nella mia città, Trieste, nel 2001, un ragazzino viene colpito da meningite fulminante: gli danno 48 ore di vita, e in breve tempo, 5 organi vitali vengono compromessi. Le condizioni peggiorano anche dopo le cure. Non ci sono speranze. Lo zio del ragazzo è credente, conosce la storia di Chiara, e la invoca. Il ragazzino guarisce da un giorno all’altro, senza alcuna ragione plausibile. Il 25 settembre 2010, Chiara Luce Badano viene dichiarata Beata.